I CANONI DI BELLEZZA NEL CORSO DEI SECOLI | Una storia in continua evoluzione

I canoni di bellezza sono stati e sono in continua evoluzione: in ogni periodo storico vi è un’idea differente riguardo il concetto di “bello”. Nel paleolitico, ad esempio, era consuetudine realizzare delle statuette, chiamate “Veneri”, che venivano associate al culto della Dea Madre. Questi manufatti, alti dai 4 ai 20 cm e scolpiti solitamente in pietra calcarea, erano caratterizzati dalla presenza di un seno prorompente e fianchi larghi, simbolo di fertilità.

Facendo un salto temporale di qualche migliaio di anni arriviamo agli antichi greci, i quali affermavano che la bellezza interiore e quella esteriore fossero strettamente collegate, in quanto non si poteva essere “agathoi” (“buoni”) se non si era anche “kaloi” (“belli”): da questa convinzione nasce la “kalokagathia”, ovvero l’unione fra la perfezione fisica e quella morale.
Risulta opportuno, a questo punto, prendere come esempio i “kouroi” e le “korai”, statue greche risalenti al VII secolo a.C. Queste sculture rappresentavano uomini e donne, costruiti secondo rapporti di proporzionalità perfetti. Tali statue, dunque, simboleggiavano il modello di giovane a cui ciascun greco, di sesso maschile e femminile, doveva aspirare. Altra statua greca simbolo di bellezza è il Discobolo di Mirone e risale al V secolo a.C., in cui viene raffigurato l’atleta nel momento appena precedente al lancio del disco. Tale scultura, oltre a rappresentare la perfezione del nudo maschile, evidenzia l’interesse, nato in quel periodo, nei confronti dell’anatomia.
In epoca romana c’era senz’altro un grande interesse per la cura del corpo. Gli uomini e le donne facevano ricorso all’utilizzo di creme e oli per raggiungere una determinata tonalità della pelle: brunita per gli uomini e olivastra per le donne. L’ideale di bellezza femminile, inoltre, prevedeva il corpo giunonico, ossia formoso e prospero. A questo proposito, risulta importante prendere in considerazione anche il poeta Giovenale che, nel I secolo d.C., nella decima Satira, scrisse la celeberrima locuzione “mens sana in corpore sano”, affermando, dunque, che l’attività intellettuale dovesse andare di pari passo con l’attività fisica.

Spostando l’attenzione sul periodo medievale, invece, l’ideale di bellezza femminile era incarnato da donne alquanto esili, le quali erano addirittura obbligate ad utilizzare una fascia per cercare di nascondere il seno prorompente. È, pertanto, piuttosto evidente il forte contrasto con il paleolitico, periodo nel quale la donna “perfetta” possedeva fianchi e seno pronunciati.
Ma cosa è avvenuto nel corso del 1900? Nei primi decenni del XX secolo, la peluria per le donne non rappresentava affatto un problema. La situazione iniziò a mutare a partire dalla prima metà del secolo, quando le pubblicità cominciarono a mostrare creme depilatorie e donne senza peli.
Sempre intorno agli anni ’50, il canone di bellezza femminile ideale era rappresentato dall’attrice Marilyn Monroe, la quale possedeva un seno prorompente e fianchi pronunciati, caratteristiche considerate simbolo di fertilità e opulenza, proprio come nel paleolitico. Oggigiorno, invece, una corporatura di questo tipo verrebbe da molti definita “curvy”, termine inglese usato come sinonimo di “grassoccio”.
Attualmente, infatti, sta tornando sempre più di moda possedere un fisico esile e quasi del tutto privo di curve, proprio come nel Medioevo. Da tutto questo si evince che, dal momento che la società è in continuo cambiamento, di conseguenza anche i canoni di bellezza sono e saranno sempre in evoluzione.
Risulta, pertanto, pressoché impossibile adattare continuamente il fisico agli standard che vengono imposti.

Autore

Valentina Coppola & Elisa Nunziata

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