La doppia vita di Veronica

Qualche settimana fa, un amico mi ha consigliato il pluripremiato film “La doppia vita di Veronica”, diretto e sceneggiato da Krzysztof Kieslowsky nel 1991.

Il film vede come protagoniste le vite antitetiche di due donne, che ad un occhio disattento potrebbero sembrare identiche: Weronica e Veronique, la prima polacca e la seconda parigina. Le due donne condividono non solo lo stesso aspetto fisico, ma anche un problema cardiaco, il dolore del lutto delle proprie madri e la stessa passione per il canto.

Ebbene, sarà proprio questa la differenza sostanziale tra le due; se da una parte Weronica è pronta a morire pur di proseguire con la sua vocazione e continua a partecipare attivamente ai concerti, dall’altra troviamo una Veronique che decide di rinunciare a ciò che più la caratterizza e la emoziona, scegliendo di vivere una vita più duratura e dedita all’insegnamento.

Inutile dire che questo film mi ha fatto riflettere molto: come Weronica, saremmo pronti a morire pur di tener fede a ciò che ci rende, in un certo modo, davvero vivi? Saremmo pronti a fare questo atto di coraggio, a perseguire l’arte e la bellezza? E inoltre, è davvero in questo che possiamo trovare il significato della parola coraggio? Allo stesso modo, infatti, potremmo senza dubbio affermare che la scelta di Veronique sia stata altrettanto intrepida: ci vuole un’infinita forza per continuare a vivere senza ciò che più amiamo, rinunciando ad esso di nostra spontanea volontà.

Cercando delle risposte nel magico mondo di internet, sono incappata in un sito che descriveva il tutto da un punto di vista psicoanalitico. Ho trovato un articolo scritto con un’impronta decisamente più freudiana: sostanzialmente le due ragazze rappresentano l’una i desideri repressi, e quasi paradossalmente segreti persino a noi stessi, dell’altra. Certo, alla luce di ciò si potrebbe aprire una lunghissima parentesi su Siddharta e sulla sua concezione della vita (vista come dolore in quanto smania di soddisfare desideri continui), ma la domanda che mi perseguita e con la quale vorrei chiudere questo articolo è: chi delle due (sempre se è possibile stabilirlo), ha fatto la scelta più felice, più giusta?

 
 
 

Autore

Delia Di Scipio

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