“From Beyond”

Film di Stuart Gordon con Barbara Crampton, Jeffrey Combs, Ken Foree del 1986 I dottori Pretorius e Tillinghast lavorano sulla stimolazione della ghiandola pineale per aprire la mente a dimensioni superiori. La squadra riesce a portare a termine con successo l’esperimento ma viene attaccata da terribili forme di vita.

Dopo Re animator, il regista Stuart Gordon alla sua seconda opera, torna a lavorare a temi simili traendo nuovamente spunto da Lovecraft. La scienza pur di mandare avanti i suoi scopi e le sue teorie, si dimostra incurante delle conseguenze.

Il film è abile a immettere nella narrazione più punti di vista: quello della scienza e quello della psicologia, che entrano in competizione tra loro, finendo per imbattersi in un delirio di onnipotenza che porta ad effetti nocivi e splatter che tradiscono ogni intento positivo che c’è alla base di una professione di questo tipo. Vi è inoltre il personaggio di un poliziotto che paragona il comportamento della folle protagonista ad una dipendenza (non è un caso che il capolavoro di qualche anno dopo “Brian Damage”, che mischia body horror e metafore spietate sulla droga, abbia delle intuizioni visive simili a questo “From Beyond”).

Noi ci identifichiamo sia nel personaggio femminile sia in quello del traumatizzato scienziato e riusciamo ad avere da una parte curiosità ma dall’altra paura perché quest’ultimo, avendo già vissuto il tutto, ci avvisa delle eventuali pieghe orrifiche che il tutto potrebbe prendere e per questo la pellicola prima di esplodere in un delirio sanguinoso mantiene una buona suspense. La prima parte crea un’aura di mistero intorno al villain, che, quando appare, lo fa spaventando il pubblico, che da qui in poi sarà in costante ansia, anche perché la macchina che inizialmente blocca le gesta dell’antagonista influenzerà negativamente anche i personaggi positivi conducendoli a una tremenda trasformazione.

A livello concettuale sono molti i rimandi al cinema di David Cronenberg: la stimolazione di parti del corpo a noi sconosciute portano a perversioni carnali come nel “Demone sotto la pelle” e come in “Rabid”. La morte, proprio come in “Videodrome” sancisce l’arrivo in una dimensione in cui si è onnipotenti. Ma se Cronenberg tiene a creare oltre a strabilianti effetti splatter anche una trama complessa e articolata (ma soprattutto comprensibile) qua la linearità narrativa lascia spazio ad un’esposizione di idee visive e non, perciò può capitare di non comprendere alcuni passaggi. Altro horror con alcuni punti di contatto è “Hellraiser” dell’anno successivo, l’idea della mente che usa il corpo come tramite per esprimere tutte le sue perversioni c’è in entrambi (quindi è la psiche che va ad intaccare la fisicità e non come in alcuni lavori di Cronenberg dove i personaggi per via di malformazioni fisiche cominciano lentamente ad avere segni di squilibrio), così come non manca in tutti e due sia un’atmosfera perennemente malsana sia il tema del sadomasochismo.

Slither di James Gunn deve tutto a questo film, perché il mostro gelatinoso e con budella e viscere visibili là interpretato da Michael Rooker è identico al personaggio del dottor Edward Pretorius. Non tutti gli effetti speciali sono memorabili, ma levate le anguille volanti il resto funziona abbastanza bene e mette realmente ribrezzo. La scena in cui i due scienziati ormai disintegrati si affrontano in un ammasso di frattaglie è cult. Disturbante e quasi sempre convincente. Non privo di imperfezioni ma senza dubbio un piccolo gioiello del genere.

Autore

Jacopo Carosi

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