Recensione del film “M3gan”

Film di Gerard Johnstone con Amie Donald, Jenna Davis, Allison Williams del 2022

Cady ha appena perso i genitori in un incidente d’auto e viene affidata alla zia Gemma che di lavoro progetta giocattoli ipertecnologici.
Dopo i primi tentativi di interazione con la bambina, decide per rallegrarla di donarle una bambola capace di educare e di interagire con Cady. Ma nulla andrà come previsto.
Nel suo incipit la pellicola vede la promozione di alcuni giocattoli interattivi dalle molteplici funzioni. Se visto in sala, può dare l’idea dell’ennesima pubblicità che solitamente viene proiettata prima di inizio film, invece poi ci si accorge che non è così e si viene catapultati nella narrazione.
La scelta non è casuale, il sottile confine che viene posto tra film e pubblicità (che non tutti gli spettatori riescono immediatamente a cogliere) è simile al labile confine tra la realtà e la tecnologia che il film illustra dimostrando quanto stia ormai prendendo il posto dell’uomo anche nelle relazioni.
Dunque il regista inserendo questo tipo di incipit è come se volesse accusare il pubblico di essere parte di una società multimediale che, se continua di questo passo, non riuscirà più a distinguere la realtà.
Il film, prima di mostrare le estreme conseguenze della nostra società ipertecnologica, ci mostra degli episodi di tutti i giorni, in cui quotidianamente le intelligenze artificiali vengono a contatto in modo ingombrante con le nostre vite: dall’assistente vocale che dà il buongiorno quando il proprietario entra in casa agli audiolibri che sostituiscono il formato cartaceo.
Al giorno d’oggi questa è diventata la normalità, una normalità che non ci spaventa più, infatti l’intento del regista è proprio quello di inquietare lo spettatore con gli esiti spiacevoli della tecnologia cosicché si renda conto del suo potenziale nocivo.
Il film fa inoltre riflettere sul fatto che in un mondo avido e cinico come quello in cui viviamo, una bambola progettata per imparare dall’esterno non può far altro che diventare una sanguinaria macchina da guerra.
A questo proposito, la pellicola fa di tutto per colpevolizzare il pubblico e farlo sentire parte di un mondo votato alla violenza.
Tutte le vittime di “Megan” sono inizialmente personaggi odiosi (soprattutto la vicina di casa che ricorda la “Elvira Parker” di “Dovevi essere morta” di Wes Craven) e quando verranno abbattuti dalla furia omicida della bambola il film è in grado di tirare fuori il peggio dallo spettatore, per poi condurlo verso una riflessione.
La trama ricalca innumerevoli clichè del genere, ricordando nella sua struttura decine di classici: da “2001 odissea nello spazio” alla “bambola assassina”.
Ad arricchire la storia c’è un interessante discorso sulla perdita e sulla necessità di trovare delle figure genitoriali, oltre che un lucido sguardo disincantato sulle nuove generazioni completamente soggiogate e abbagliate dagli apparecchi tecnologici.
Non è così distante dalla realtà il comportamento della bambina protagonista quando le viene tolto il gioco di turno: è a dir poco aggressiva e non facilmente gestibile dalle figure adulte che sono tentate di assecondarla, evitandole di crescere.
La resa dei conti è la parte più debole in quanto programmatica e priva di alcuna sorpresa, si limita a ricalcare ciò che abbiamo visto in molti altri film, per quanto l’ultima inquadratura offra notevoli suggestioni e la possibilità per un sequel.
Il tasso di violenza non è eccessivo e l’intrattenimento è alto oltre che di ottima fattura.
Da vedere.

Voto – 8

Autore

Jacopo Carosi

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